I monasteri – Io Leggo Il Romanzo Storico, Giornata Curiosità / 3

Giovedì 24 ottobre sono stata “ospite” del gruppo bibliofilo facebook Io Leggo Il Romanzo Storico, per la giornata dedicata alle curiosità: un momento per condividere notizie relative al mondo del mio romanzo, oltre la semplice SPAM o promozione; piuttosto, uno spazio per scambiarci consigli e spunti di letture.

Finora ho pubblicato:

Grazie a chi ha letto e commentato, grazie a Linda Bertasi e alle admin e al gruppo Io Leggo il Romanzo Storico. Iscrivetevi, è molto bello!

Buona lettura 🙂

Qualche parola sui monasteri.

Magari ci torna in mente quello de “Il nome della rosa”: nella serie RAI uscita da poco, l’ambientazione è suggestiva e bellissima da vedere (lo scriptorium è una gaita del centro italia, se non sbaglio).
Qui la mia recensione al romanzo di Umberto Eco: “Il nome della rosa”

✨ I monasteri erano mondi autonomi e interdipendenti.
Sedi del sapere, e spesso “castelli” che amministravano un territorio, con un sistema di “riscossione” e contadini o coloni alle loro dipendenze. Erano femminili o maschili, e più raramente misti.

✨Anche qui, sfatiamo qualche luogo comune: le monache potevano ricevere visite, uscire, persino commerciare.
La clausura femminile totale arriverà dopo molte resistenze, a partire dai primi anni del 1300 fino agli orrori delle murate vive nel Seicento.

Nel mio romanzo non ci sono scene ambientate in un monastero, ma la questione è centrale: Elisa, la protagonista, è vedova, e in molti vorrebbero che si ritirasse, ma lei rifiuta.
Elisa vuole stare nel mondo: non solo sopravvivere, come molte recensioni hanno giustamente evidenziato, ma anche… primeggiare!

✨Sua cognata Beatrice invece è stata mandata in monastero, ma dopo la riluttanza iniziale scopre di essere felice: vivere in monastero significava anche stare al sicuro e tra donne. Significava istruirsi.

✨Perché Elisa lo rifiuta? Perché espone non solo sé stessa, ma anche sua figlia, ai pericoli del mondo, avendo un’alternativa?
Nel romanzo non ho dato una vera risposta a questa domanda.
Preferisco che chi legge si faccia la sua idea indipendente, sentendo le diverse campane che si confrontano (ad esempio, c’è un dialogo serrato tra Beatrice ed Elisa, e lo stesso inquisitore la accusa di egoismo).

Nell’immagine: la costruzione della città delle donne, da “La cité des dames” di Christine di Pizan. Un’opera utopica, e un’intellettuale importante, che come molte donne è esclusa dai libri scolastici, ma che ha davvero fatto la differenza.

Come nei post precedenti, aggiungo anche qui i commenti interessanti che sono stati scritti sotto al post. Consideratelo un modo “medievale” di procedere, tipo quello delle lettere di risposta, che si attaccavano man mano a quella iniziale: rispetto alla vanità del social è probabilmente più efficace 🙂

Federica Garofalo, paleografa e scrittrice:

La consacrazione al femminile era in un buon numero di casi una scelta di libertà per le donne; una scelta a volte anche di rottura con la propria famiglia, via di indipendenza e di sottrazione da un matrimonio imposto. E questo le agiografie medievali lo sottolineano continuamente: http://ilpalazzodisichelgaita.wordpress.com/…/la…/

Giuseppe Cuminatto, lettore:

A parte la ricostruzione di “Il nome della rosa” televisivo, che ha (come anche il film) molte pecche storiche, perché fatto con un’intento ideologico preciso (ma su questo non voglio parlare qui), le affermazioni sui monasteri, mi sembrano da chiarire.
Con Elide (Ceragioli, autrice di romanzi storici. N.d.R), in ragione del suo libro con protagonista Ildegarda di Bingen abbiamo fatto molte ricerche.
I monasteri di clausura esistono dall’antichità, con l’ordine benedettino (fine 500) iniziano quelli “misti” (quello femminile, come appendice subordinata a quello maschile… e Ildegarda sarà un punto di rottura su questo). La clausura era un po’ diversa da come ci viene propinata e spesso la immaginiamo.
Consiglierei di leggere “La vita quotidiana dei monaci nel Medioevo” di Leo Moulin, uno dei maggiori esperti del monachesimo medievale.

Da parte mia confermo che il libro di Moulin è imprescindibile e anche molto bello, e confermo anche (d’accordo con Giuseppe ^^) che la “clausura” femminile completa è arrivata dopo il Medioevo: nei primi anni del 1300 una bolla di Bonifacio VIII tenta di regolarla, impartendo dei divieti che sono significativi per farc capire come invece veniva condotta.Venne man mano resa più dura, con molte resistenze, rovinando la vita di moltissime donne.

Nel prossimo post, arriviamo a un argomento caldo, caldissimo: il tribunale del Santo Uffizio, ovvero l’Inquisizione.

Se ti è piaciuto il post, dai una chance al romanzo: “La cospirazione dell’inquisitore”, Fanucci editore

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